Le elezioni dell’Assemblea Costituente.

 

Alle elezioni del 2 giugno 1946, le prime dopo la dittatura fascista, Tradate, dopo una parentesi durata ben ventitre anni, riscopriva il processo democratico. Il risultato più eclatante di questa tornata elettorale fu senza dubbio la strabiliante affermazione della Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi che, con 2775 voti su 6594 elettori, otteneva quasi il 47% delle preferenze, affermandosi come la forza politica di maggioranza nel panorama politico cittadino.

Questo dato era superiore anche alla vittoria ottenuta dal partito cattolico a livello nazionale e provinciale. Difatti in tutta Italia la Dc aveva ottenuto solamente il 35% dei voti, quindi ben dodici punti in meno rispetto al nostro paese, mentre in provincia di Varese le cose andavano meglio, con un più che buono 43%, però pur sempre inferiore rispetto a Tradate.

Il paese aveva anche vissuto quello che molti storici chiamano il “Vento del Nord”, ovvero l’accresciuto potere dei partiti socialista e comunista all’indomani dell’esperienza della lotta resistenziale contro i tedeschi. Le zone toccate dal CLNAI e dai suoi esponenti locali videro crescere incredibilmente i consensi popolari verso questi partiti, grazie anche ad una propaganda attiva e ben riuscita, organizzata dalla sinistra del paese già all’indomani del cessate il fuoco.

Difatti anche in questo caso a Tradate il successo fu superiore ai dati nazionali. Il partito socialista d’unità proletaria, ad esempio, ottenne il 33% dei voti, mentre i dati nazionali gli assegnavano un misero 21%. I comunisti, invece, ebbero il 16% delle preferenze, esattamente come in provincia. In questo caso le cose andarono in controtendenza rispetto al resto del paese, dove Togliatti e i suoi riuscirono ad ottenere quasi il 19% dei voti.

Quindi in paese erano molto più attivi e più riconosciuti i socialisti che non i comunisti, che rimasero una forza ancora ai margini della società.

Preoccupante, per i cattolici, era però il fatto che l’unione di questi due partiti in un’unica formazione politica o coalizione, avrebbe superato di qualche punto la Democrazia cristiana la quale, a livello locale, non poteva contare ancora su nessun alleato, dato che tutti gli altri partiti ottennero a malapena l’1% di voti. Solo il blocco nazionale liberale emergeva rispetto agli altri quattro[1], attestandosi sul 2%.

Nessuna di queste forze era quindi in grado di fornire supporto ai due blocchi contrapposti, e la lotta si concentrava quindi tra i due maggiori partiti, che da avversari, incominciarono subito la propaganda e la campagna elettorale che li porterà nel 1948 a sancire un fatidico punto di rinnovamento nella storia d’Italia ed anche di Tradate. Nel paese quindi la lotta politica appariva ancora più feroce e concentrata sui tre partiti di maggioranza che non nel resto del paese.

 

Le elezioni del 18 aprile 1948.

Il clima elettorale del 1948 fu a dir poco apocalittico. Tutti ritenevano che il risultato finale della battaglia avrebbe influenzato definitivamente il futuro dell’Italia. In effetti una possibile vittoria delle forze di sinistra avrebbe potuto anche spingere il paese verso il blocco sovietico, oppure a scegliere una via simile in parte a quella della Jugoslavia di Tito, collocandosi quindi all’interno di quello che verrà nei decenni successivi Terzo Mondo.

La divisione del mondo operata a Yalta dagli Alleati aveva infatti assegnato l’Italia postfascista all’area inglese. L’incapacità di Londra ad aiutare la ricostruzione del paese e ad allacciare legami diplomatici ed economici fece venir meno questo suo ruolo di protettore, che, ben felicemente, venne invece assunto dagli Stati Uniti d’America.

Certamente anche una vittoria schiacciante del partito comunista non avrebbe potuto intaccare questa realtà, data anche la forte presenza militare alleata, che venne mantenuta nel paese per qualche anno ancora. Avrebbe però potuto inaugurare un periodo politico decisamente diverso da quello che invece noi abbiamo conosciuto, molto probabilmente sulla linea del neutralismo tra i due blocchi. Politica sicuramente pericolosa nei decenni della Guerra Fredda, ma certamente interessante ed anche ricca di vantaggi per moltissimi aspetti.

Tutti gli italiani quando si recarono alle urne il 18 aprile 1948 erano perfettamente coscienti dell’importanza di quella giornata. Tutti loro sapevano che con il loro voto si sarebbe decisa la sorte dell’Italia, non solo sul piano internazionale ma soprattutto sul piano interno. Proprio per questo la campagna elettorale fu feroce, lunga, stancante e martellante.

Alla fine però il popolo italiano scelse la Democrazia Cristiana, e lo fece assegnandole una maggioranza relativa che quasi sembrava assoluta, dato che sul territorio nazionale essa seppe conquistare ben il 48,5% delle preferenze alla Camera ed il 48,1% al Senato. Questo risultato, dopo sessant’anni, rimane ancora la prestazione migliore raggiunta da un solo partito in tutta la storia della prima e della seconda Repubblica.

Come si può vedere anche molti giovani, che erano invece sembrati molto più attratti dalla propaganda comunista, soprattutto grazie ai gloriosi giorni della Resistenza, scelsero invece la Democrazia Cristiana, come dimostra il fatto che il voto per la camera è molto vicino a quello del Senato.

Certamente però il cosiddetto “vento del nord” ebbe un impatto maggiore in provincia di Varese ed a Tradate, difatti qui tra i due risultati vi era una differenza non forte ma nonostante tutto evidente. Bisogna però dire che ancora una volta venne confermata la tendenza conservatrice della zona dato che la Democrazia Cristiana ottenne a livello locale risultati anche migliori di quelli nazionali: in Varese essa ottenne il 52,4% delle preferenze per la camera, e quasi il 56% per il senato. Tradate poi fu ancora più “cattolica” della provincia, assegnando al partito di De Gasperi il 53,2% dei voti per la camera, e il 57% per il senato.

Le elezioni del 1948, assegnando alla Democrazia Cristiana il 48% circa dei voti, consegnarono a De Gasperi ed ai suoi successori il destino dell’Italia, permettendogli di governare non per una legislatura, ma per ben quarantacinque anni. Anche Tradate divenne improvvisamente una di quelle zone bianche dove l’amministrazione locale venne interamente gestita in esclusiva dal partito cattolico per tutta la storia della prima Repubblica. Difatti la sinistra del paese, con i comunisti al 35% e l’unione socialista all’8%, anche unita sotto un’unica bandiera non aveva i numeri per controbattere alla forza della maggioranza.

Ed anche questi risultati erano migliori rispetti alle medie nazionali dove i comunisti ottennero solamente il 30% e l’unione socialista il 7%. Questi ultimi avevano invece ottenuto un buon conteggio in provincia prendendo l’11,4% delle preferenze alla camera e il 13,5% al senato, mentre i comunisti si era attestati su un discreto 31,5%.

Nessuno degli altri partiti che si erano presentati alle elezioni aveva ottenuto i numeri per poter contare. Difatti mentre a livello nazionale qualcuno riuscì per lo meno ad ottenere un 3% (blocco nazionale), a livello locale solo l’msi giunse ad ottenere il 2,5%, mentre tutti gli altri si mantennero al di sotto dello 0,7%(partito nazionale monarchico).

La maggior parte dei suffragi si era quindi concentrata sui partiti maggiori, conferma anche questa dello stato di tensione e di scontro frontale che si era creato durante la campagna elettorale. Se questo è vero a livello nazionale, ancora di più lo è per la provincia di Varese. Difatti a livello locale guadagnarono sia la Democrazia Cristiana che il Partito Comunista, mentre tutte le altre forze quasi scomparirono. Lo scontro politico si era materializzato nella scontro tra queste due grandi formazioni e sarebbe rimasto così per tutti i decenni seguenti, sempre mantenendo però una forte predominanza del partito cattolico.

Questo fenomeno si accentuò ancora di più nella realtà tradatese, dove gli elettori in pratica votarono quasi esclusivamente i due partiti maggiori, e dove la Democrazia Cristiana ottenne un risultato anche migliore della media provinciale. Il destino del paese era stato deciso e da subito i rappresentanti cattolici incominciarono ad impegnarsi per rilanciare Tradate sia economicamente che spiritualmente verso il futuro.

 

Le elezioni “truffa” del 1953.

 

Se le elezioni del 48 sono passate alla storia come quelle della grande contrapposizione, della schiacciante vittoria democristiana, e forse quelle che più hanno influito sul destino del paese tra quelle svolte durante la prima repubblica,  quelle del 1953 sono divenute per antonomasia le elezioni della famosa legge “truffa”.

Essa assegnava il 65% dei seggi alla Camera a quel gruppo di partiti imparentati (ossia uniti da una preventiva dichiarazione di alleanza) che ottenesse almeno la metà più uno dei voti[2].

Gli storici si dividono nel ritenere che questa fosse una manovra utile solo per consolidare la coalizione centrista al potere, oppure che il genio politico di De Gasperi abbia previsto, e quindi tentato di evitare, che l’estrema divisione dell’anima del paese non avrebbe mai concesso un governo forte che avesse alle camere una maggioranza tale da permettergli di risolvere in breve tempo i numerosi problemi che la nazione presentava.

Nelle elezioni del 1948 la Democrazia Cristiana insieme ai suoi alleati avevano abbondantemente superato il 50% dei voti, e gli anni di governo, caratterizzati da una modernizzazione incalzante ed una straordinaria ripresa economica, facevano sperare almeno in un risultato equivalente.

Questa speranza però andò delusa. In effetti le elezioni del ’53 passarono alla storia come un’occasione mancata: la DC non seppe mantenere i propri voti e le considerevoli perdite impedirono di raggiungere quel fatidico 50 più uno, per il quale avevano tanto lottato in sede parlamentare. Per un colmo dell’ironia al Senato, dove si era mantenuto il precedente sistema elettorale, privo quindi del premio di maggioranza, le cose andarono molto meglio e il 50% venne superato nuovamente.

In contemporanea guadagnarono preferenze le sinistre, anche se la maggior parte dei suffragi andò ad ingrossare le fila della destra monarchica e neofascista. Il Partito nazionale monarchico raggiunse quasi il 7% a livello nazionale, mentre il Movimento Sociale Italiano sfiorò il 6%. Il partito cattolico perse ben otto punti percentuali e vennero superati dai comunisti (22,6%) e dai socialisti (13%) che inaugurarono un periodo di forte opposizione al governo, che rese sempre più difficile governare il paese.

Anche a Varese le cose peggiorarono per De Gasperi e i suoi uomini, anche se qui in misura decisamente minore. Perdendo sei punti percentuali si attestarono su un 46%, perdendo però la posizione di maggioranza assoluta, dato che alla tornata precedente la DC da sola aveva superato il 50% dei suffragi. Nel frattempo il PSI riguadagnò i voti persi nel 1948 dopo l’unione a scopo elettorale con i comunisti, ritornando a quota 22%, mentre il partito di Togliatti con il 13% permetteva all’opposizione di ottenere anche a livello locale un successo insperato.

In contemporanea le forze all’estrema destra dell’arco costituzionale quasi triplicarono attestandosi entrambi al 4%.

Anche Tradate conobbe una lieve flessione del partito di maggioranza, che si attestò sul 47,7%. Qui però le sinistre non guadagnarono alcun punto percentuale confermando il 35% delle precedenti elezioni (21,3% al psi e 13,9% al pci). Le elezioni del 1953 furono invece per Tradate il trionfo dell’estrema destra: il partito monarchico passò dal 0,69% al 4,1%, mentre il movimento sociale italiano dal 2,5 passò al 4,9%. Sembra chiaro quindi che la prima legislatura del partito cattolico aveva deluso moltissimo le aspettative dei conservatori tradatesi, che stavolta optarono per una scelta più radicale, confermando la maggioranza alla democrazia cristiana, ma costringendola a cercare alleati tra l’estrema destra. Anche il partito socialdemocratico di Saraqat con il suo 5% da solo non poteva assicurare una forte maggioranza capace di un’azione di governo snella ed efficace.

La Democrazia Cristiana doveva quindi tornare a fare i conti con quei partiti che raccoglievano l’eredità del pre-48. Più che a destra, essa doveva cercare un accordo a sinistra che fornisse alla maggioranza alle camere i numeri per svolgere un’attività di governo snella ed efficace. Per la prima volta si incominciò a parlare, all’interno del partito cattolico, di centro-sinistra.

 

Le elezioni del 1958.

La seconda legislatura, dal 1953 al 1958 fu particolarmente difficile. Il venir meno di un leader carismatico come De Gasperi creò moltissime difficoltà, le quali originarono all’interno della Democrazia Cristiana, non solo un abbozzo di rinnovamento programmatico con le prime disquisizioni sulla scelta del centro-sinistra, ma anche tutta una serie di correnti e correntine nessuna delle quali ebbe mai il potere per imporsi alle altre e dare così al partito di maggioranza un indirizzo univoco. Questo processo è evidente nella serie di uomini che salirono al governo, da Pella, Scelba e Segni, nessuno dei quali ebbe mai il controllo totale sul proprio partito. Ciò originò una serie di delusioni e una sorta di immobilismo governativo che ebbe profonde ripercussioni sull’elettorato.

Rispetto ai risultati del 1948 la tendenza sembrava quella di una erosione costante del vantaggio numerico democristiano, anche se non sempre questo si rifletteva in un aumentato potere dei suoi diretti avversari, i comunisti. La seconda legislatura fu anche l’epoca in cui si inaugurarono politiche nuove, alcune delle quali fondamentali, come ad esempio la soluzione dei patti agrari, l’estensione del controllo statale sulle compagnie telefoniche, la soluzione al problema di Trieste, il neoatlantismo.

Le elezioni del 1958 saranno influenzate da due fatti principali avvenuti a ridosso delle votazioni: il fallimento del governo Zoli e il famoso “caso del vescovo di Prato”.

Adone Zoli nel 1957 ereditò un governo di transizione che avrebbe dovuto reggere il paese per un anno in vista appunto delle elezioni del 1958. La contrarietà di repubblicani e dei socialdemocratici di Saraqat impedì la formazione di un quadripartito e il partito cattolico dovette optare per un monocolore, senza alcun alleato. Questo però significava un avvicinamento sempre più concreto con la destra, soprattutto con l’MSI e i monarchici, dato che i loro voti erano necessari per assicurare una maggioranza alle camere. Nel giorno della sua elezione Zoli ribadì il suo rifiuto dei voti della destra per la fiducia, convinto che i soli voti democristiani potessero assicurargli il successo. Purtroppo però, in seguito ad un errore di conteggio, il giorno dopo si scoprì che se il presidente del consiglio avesse confermato il discorso del giorno prima, col quale rifiutava i voti del MSI, allora sarebbero mancati due voti al raggiungimento della fiducia. Zoli fu quindi costretto, in seguito alla gaffe commessa, a dimettersi. La mancanza di una qualsiasi altra alternativa obbligherà Gronchi a rifiutare le dimissioni e costringere Zoli ad accettare i voti fascisti. Questo però impose un governo assai statico, privo di riforme significative, di cui vi era assoluto bisogno. La sua unica fortuna fu la contrarietà di ogni forza politica ad un eventuale scioglimento anticipato delle camere,  eventualità per cui nessuno era preparato: questo permise a Zoli di essere tollerato e non incontrare nessuna forte opposizione fino alle elezioni del maggio 1958. Questo fatto però impose agli occhi della gente la visione di una democrazia cristiana collusa e un po’ troppo vicina ad un’area politica e a dei partiti che ancora incontravano un odio e una repulsione particolarmente forti nel paese. Questo non poteva non avere ripercussioni importanti anche sull’elettorato tradatese, che cinque anni prima aveva sancito un successo imprevedibile e inaspettato proprio di questi partiti dell’estrema destra, rubando voti proprio alla democrazia cristiana. Questa nuova vicinanza come avrebbe influito sul voto dei cattolici?

Il partito venne travagliato anche da un avvenimento che rimise in luce la difficoltà dei rapporti tra stato e chiesa. Monsignor Pietro Fiordelli, primate della diocesi di Prato, aveva definito pubblici peccatori e concubini[3]  due giovani che avevano optato per il matrimonio civile anziché religioso. Mentre la legge ecclesiastica difendeva questa presa di posizione, l’ordinamento legislativo dello Stato proteggeva i giovani e sottolineava che vi erano i presupposti per una condanna per diffamazione. Tant’è che il tribunale di Firenze condannò e multò il prelato.

Questa vicenda contribuì significativamente ad aprire una divisione già esistente all’interno della dc tra riformisti e intransigenti e a mettere in cruda evidenza la precarietà degli equilibri tra la sfera civile e quella religiosa[4].

Anche il partito comunista non sembrava passare un periodo particolarmente felice. Solo due anni prima il congresso del Pcus aveva dato occasione al nuovo leader sovietico Nikita Kuscev per imprimere una svolta significativa nella storia del comunismo. La condanna dello stalinismo e l’ammissione delle molte colpe ed irregolarità provocò un vero e proprio terremoto politico all’interno dei partiti operai in tutto il mondo, ed ancora di più in quello italiano per ben tre motivi: Togliatti era profondamente compromesso con molte delle decisioni condannate e col sistema stalinista[5], nella base era molto diffusa la venerazione per il leader sovietico, considerato quasi un Dio, riprendevano vigore quelle correnti che volevano un allontanamento del partito dalla linea moscovita in considerazione delle peculiarità italiane che suggerivano la possibilità di una linea più morbida che non quella finora tenuta in ossequio alle direttive giunte dall’Unione Sovietica.

Le elezioni del 58 erano quindi la prima tribuna seria nella quale verificare quanto duro fosse il colpo inflitto dalle dichiarazioni di Kruscev al partito comunista.

Anche per i socialisti queste elezioni erano un banco di prova fondamentale, difatti le continue offerte di collaborazione rivolte da Nenni ai vari governi democristiani della seconda legislatura avevano diffuso la sensazione che il partito fosse sempre più convinto della necessità di giungere a un compromesso con i cattolici in vista del centro-sinistra. Le elezioni del 1958 erano l’occasione per testare la favorevolezza della base per questa nuova linea politica. Da non dimenticare poi che un uomo originario di Locate Varesino, Renzo Pigni, era dal 1953 deputato per il partito socialista e segretario di Nenni. Ci si aspettava quindi un netto rialzo dei voti socialisti per tutta l’area del tradatese.

Le elezioni erano quindi una tornata assai importante per tutti e tre i maggiori partiti, ed anche per i piccoli partiti dell’estrema destra, che dovevano ora confermare gli ottimi risultati raggiunti nel 1953. Oltre che per questi elementi fondamentali, per Tradate queste elezioni erano una svolta dato che erano le prime dopo il raggiungimento, nel gennaio dello stesso anno, dell’ambito conferimento del titolo di città. Questo fatto, più spirituale che materiale, dava ai cittadini una sensazione di maturità e progresso che inevitabilmente imponeva scelte più pensate. Inoltre questo risultato raggiunto dalla democrazia cristiana locale, attraverso un presidente della repubblica appartenente allo scudo crociato, sembrava garantire ai cattolici un risultato positivo.

Come molto spesso negli appuntamenti grandemente attesi, le elezioni del 1958 a livello nazionale non evidenziarono alcun mutamento di rilievo. La Democrazia Cristiana guadagnò qualche punto percentuale passando dal 40,1% al 42,35%, mentre il Partito Comunista riconfermava la sua posizione, mantenendo inalterati i suoi punti percentuali. I Socialisti guadagnavano poco più di un punto percentuale, a discapito dell’ MSI che andavano a perderlo. Unica novità fu la perdita di quasi due punti percentuali dei monarchici che, dopo la scissione del 2 giugno 1954 per iniziativa dell’armatore Achille Lauro, si presentarono divisi. Il partito nazionale monarchico prese solamente il 2,23% mentre il partito monarchico popolare, la nuova formazione, ottenne il 2,63%. Anche sommando questi voti è evidente che vi fu un forte calo dal 6,85% ottenuto nelle elezioni del 1953.

Se guardiamo le elezioni per il senato scopriamo che la fascia adulta della popolazione andava lievemente più verso sinistra. Difatti la DC guadagnò al senato solo lo 0,5%, mentre il PCI ottenne un rialzo dell’ 1,6%, passando dal 20,2% al 21,8%. Il partito socialista italiano guadagnava due punti percentuali mentre l’MSI li perdeva. Anche qui i monarchici divisi perdevano il ruolo di quarto partito che avevano svolto nell’ultima legislatura e vedevano i loro voti passare dal 6,99% del 1953 al 5,17% del 1958 (da dividere poi nel 3% al partito monarchico popolare ed il 2,17% del partito nazionale monarchico).

Se guardiamo ai risultati per la camera dei deputati in provincia di Varese troviamo una situazione ancora più stabile. Difatti si può dire che rispetto alle elezioni del 1953 non vi furono cambiamenti sostanziali nel risultato. La Democrazia Cristiana perdeva solo lo 0,16% dei voti, mentre PSI e PCI guadagnavano rispettivamente lo 0,5% e lo 0,8%. Unici cambiamenti a superare il punto percentuale erano la perdita dell’ 1,4% del partito nazionale monarchico, compensata da un misero 0,46% del partito monarchico popolare (che d’altronde essendo di estrazione napoletana al nord ottenne poche preferenze) e un misero guadagno dell’1,32% raggiunto dal partito liberale italiano. Insomma, la provincia di Varese confermava la sua vocazione bianca, regalando un 46% alla DC che però non le permetteva di raggiungere una maggioranza assoluta, esattamente come era successo nelle elezioni precedenti. Anche il partito monarchico perse molti meno punti percentuali qui che a livello nazionale.

Le elezioni per il senato riservarono qualche sorpresa in più. Innanzitutto tra le forze di sinistra il psi confermava il suo vantaggio sul pci, aumentando il gap tra i due partiti. Difatti la formazione di Nenni guadagnò il 2,61% passando dal 18,9% al 21,5%, mentre i comunisti passavano dal 14,2% al 13,2%. Anche il psdi guadagnava il 2,3% passando dal 5,1% al 7,4%. Evidentemente i primi accenni di Nenni e Saraqat e le loro prime proposte per la creazione di un governo di centro-sinistra incontravano tra la classe adulta varesina una discreta approvazione. Anche la Democrazia Cristiana guadagnava un punto percentuale, mentre i monarchici perdevano l’0,98%, molto probabilmente a favore del MSI che invece guadagnava l’1,06% passando dal 4,2% al 5,2%.

Anche a Tradate le cose andavano stabilizzandosi e le elezioni non riservarono alcuna sorpresa. Il pci perdeva l’ 1,5% dei voti, mentre il psi guadagnava l’1,32%, risicando lo svantaggio sulla dc che cmq si imponeva come forza di maggioranza con un ottimo 48%. Il partito nazionale monarchico perdeva l’1,32% mentre il partito monarchico popolare raccoglieva solo 35 voti attestandosi su di un misero 0,44%. Anche l’Msi perdeva lo 0,4% passando dal 4,8% del 1953 al 4,4% del 1958. Insomma l’estrema destra andava perdendo voti mentre si rafforzavano le forze della democrazia cristiana e socialiste. Il che sembra confermare ancora una volta che anche a Tradate si guardava con favore ai primi accenni di un possibile accordo tra le due formazioni che garantisse un esperimento di governo di centro-sinistra.

[1]partito d’azione (0,39%), pri (1,06%), partito contadini d’italia (0.22%).

[2]giardina sabattuci vidotto, p.765.

[3]mammarella, p.248.

[4]ibidem, p. 249.

[5]Ai tempi dell’esilio nel ventennio fascista aveva ricoperto molti ruoli a Mosca ed era stato anche segretario dell’Internazionale all’epoca della guerra civile spagnola.