ANTONIA PUSTERLA MARLIANI 1603-1651: voce di una monaca del secolo successivo nel monastero di S. Sepolcro di Tradate.

Vivere in un monastero di clausura non è una cosa facile, io però sono sicura della mia vocazione  e la vita scorre via tranquilla. O almeno così pensavo fino a quando nel 1786  giunge la notizia che il Governo vuole chiudere, sopprimere, diversi monasteri, tra cui il nostro. A dire il vero per Tradate non è una novità, infatti i Serviti sono stati mandati via circa 16 anni fa.

Siamo radunate in sala capitolare e la nostra madre superiora però ci assicura che non sarà così facile, si rivolgerà alle persone che conosce, anche perché potendo dimostrare che siamo utili alla società, sarà possibile evitare un simile misfatto. Con le mie  consorelle pensiamo alle possibili soluzioni: c’è chi propone di adibire parte del monastero a scuola per le ragazze del paese, altre pensano di ospitare gli orfanelli della zona, altre ancora vorrebbero che ci dedicassimo alla cura degli infermi. In attesa di questo evento, suor Marianna, la nostra badessa, mi sollecita a completare il riordino dell’archivio: è un compito non nuovo per me, però ora devo accelerare i tempi, per fortuna anche tale mansione non mi pesa. In realtà l’archivio è già in ordine fino al 1630, e quando l’arcivescovo Pozzobonelli è venuto in visita pastorale il 18 giugno 1747 (allora ero una novizia), non ha mosso alcuna osservazione in merito. Comunque per non venire meno alle aspettative della badessa mi reco nella camera adibita a questa funzione, tuttavia avevo già segnalato la ristrettezza dello spazio: i due armadi sono colmi, ho sistemato le cartelle più recenti sulle mensole e le mappe sono appese alle pareti quando invece dovrebbero essere arrotolate  e protette dalla polvere e dalla luce. Non posso sfruttare la stanza accanto perché occorre che la biblioteca abbia  lo spazio che si merita, altrimenti è difficile trovare i libri che servono, anche perché non tutte le consorelle sono ordinate, purtroppo è così. Nei giorni successivi, appena il tempo me lo consente, vado nel mio “regno” a riordinare i documenti, perché la badessa non  trova giusto affidare il materiale storico ad una persona esterna, anche se fosse un sacerdote. Riprendo in mano le cartelle più antiche che riguardano il monastero di Torba: personalmente non mi capacito della presenza di monache in quella zona, così fuori dal mondo, le Benedettine non sono certo le Orsoline, ma non per questo prediligono luoghi isolati. Per fortuna hanno avuto la buona idea di trasferirsi qui a fine Quattrocento: conserviamo tutta la complessa pratica, perché bisognava avere molti permessi, sia dalle autorità religiose che laiche; abbiamo diverse pergamene  che sono una meraviglia tanto sono miniate e decorate, gli Sforza non volevano sfigurare davanti al papa. Fautori di questo trasferimento furono i Pusterla, una nobile famiglia proprio di Tradate, e tra le mie consorelle diverse portano questo cognome.  Su questo  registro c’è l’indice dei documenti con indicati il relativo foglio o pagina, ne cito alcuni:

il primo riguarda Ubertetto Pusterla, che nel 1481 dona case attigue alla chiesa del S. Sepolcro per consentire il trasferimento delle monache di Torba, dove era badessa sua sorella Margherita dal 1476; abbiamo anche una copia dell’istituzione della Cappellania intitolata all’Immacolata nella chiesa di S. Stefano di qualche anno successiva; vi segnalo i titoli di altri fascicoli:

  • testamento di Gasparino Pusterla con disposizioni per la dotazione della chiesa del S. Sepolcro in Tradate (1488);
  • atto di dotazione della chiesa del S. Sepolcro in Tradate, seguente alle disposizioni testamentarie di Gasparino Pusterla (1495);
  • atto di dotazione della chiesa del S. Sepolcro in Tradate da parte dei fratelli Giovanni Gaspare, Ottaviano e Giovanni Battista Pusterla (1584).

C’e anche una descrizione della chiesa, così almeno recita il titolo del fascicolo, all’interno trovo:

In essa Chiesa vi è sepolto il Colonello Gio. Fran.co Pusterli, qual vi lasciò un annuo Reddito di cento venti lire che a quel tempo era sufficiente per celebrare cotidianamente.

In oltre la Sig.ra Lucrezia Grumella con consenso del Sig. Cristoforo Pusterla suo marito vi ha istituita una Cappella Sacerdotale perpetua, assegnandovi patrimonio sufficiente, ed abbondante, p. celebrarvi ogni giorno, come si legge nel suo testamento rogato dal quondam Ottaviano Pusterli pubblico Notaro di Milano l’anno 1615 addì 11 aprile.

Le Reverende Monache celebrano solennemente la festa dell’Assonzione di Nostra Signora alli 15 Agosto, avendovi un’Ancona preziosissima.

Infatti l’Assunzione è la festa del nostro monastero e per questo il pittore Magatti ha eseguito il quadro (ancona) sopra l’altare della chiesa esterna, a detta di tanti un gran bel quadro. Ora vado perché suona la campana per la recita del Vespro.

Continuando a sistemare l’archivio nei giorni seguenti, mi imbatto in un fascicolo, che giudico fuori posto: cosa ci fa il curriculum vitae di suor Francesca Teodora, che è stata da noi dal 1633 al 1651, nella cartella dei sacrilegi? Per verificare meglio apro il fascicolo, anche se non mi piace impicciarmi delle consorelle, però questo caso è del secolo scorso. Il primo foglio certifica che il giorno 27 ottobre 1633 entra in monastero la suora citata, al secolo Antonia Pusterla, maritata Marliani: si sarà monacata perché rimasta vedova? Andiamo avanti: il secondo foglio riporta la fede del battesimo avvenuto nel 1603, qui in Tradate, è figlia di Antonio e Vittoria Trussi; un altro foglio fa sapere che costei, rimasta vedova si risposò con il conte Giovanni Visconti di Fontaneto, mi sembra normale risposarsi, però se si è amato l’uomo che si è sposato  sarebbe stato meglio monacarsi.

Segue poi un certificato di matrimonio tra Carlo Marliani, con la specifica di feudatario di Busto Arsizio in quanto successore dello zio, e Antonia Pusterla nel 1629, la cerimonia si è svolta in quel borgo, non leggo bene in quale chiesa, però l’abitazione mi sembra sia a Milano.  Allegati a questo quattro fedi di battesimo, saranno dei figli della coppia; infatti Paolo Camillo nasce nello stesso anno, che si sia sposata incinta?. Scusate mi dovrei astenere da simili insinuazioni, d’altronde non è la prima e non sarà l’ultima;  seguono Pietro Antonio nato nel 1632 e degli altri due figli Luigi e Francesca il documento è incompleto. Confrontando le date devo concludere che, se lei si è monacata nel 1633, ha avuto quattro figli in quattro anni, caspita!  Adesso devo andare, il Vespro mi aspetta.

Appena posso ritorno in archivio, l’esame di questo caso mi sta coinvolgendo, forse troppo. Apro la cartella e nel fascicolo trovo una lettera firmata dal capitano del carcere di Milano, mi sembra si trovasse al castello Sforzesco, vediamo il perché. Il funzionario scrive che Antonia Pusterla Marliani ha dovuto subire il carcere in quanto adultera, inoltre scrive che il medico del carcere ha dovuto curarla per la procurata frattura del femore causata dalla caduta da una finestra, mentre cercava di sottrarsi all’ira del marito, che imbracciava un archibugio, e con la stessa arma aveva appena ucciso l’amante nella loro casa di Milano. Oh poveretta! Mi fa pena questa donna. Se non leggo male sembra che Antonia abbia tradito il marito nella palazzo coniugale , situato nella parrocchia di S. Andrea. Un altro foglio certifica la morte dell’amante, il conte C. Visconti di Albizzate , suo cugino per parte di madre.

Sento bussare alla porta, vado ad aprire, è la superiora:

– Entri pure madre Marianna

– A che punto sei?

– Ho praticamente finito, sto controllando, a campione, se i fascicoli sono collocati nelle cartelle corrispondenti, per esempio ne ho trovato uno che ritengo sia fuori posto

– Di che si tratta?

– Questo riguarda una suora che è stata da noi nel 1633-1651, e si trova nella cartella Sacrilegi, a me sembra strano

– Avrà commesso un sacrilegio, ecco perché è in quella cartella

– Da quello che ho letto era la sposa del feudatario di Busto Arsizio, gli ha dato quattro figli, poi si è concessa all’amante ed è finita in prigione per evitare l’ira del marito che aveva ucciso il rivale

– Quindi per evitare la prigione scelse di monacarsi, meno male che un monastero di clausura è meglio di una prigione, e il sacrilegio?

– Devo proseguire lo spoglio dei documenti

– Procedi pure, incuriosisce anche me il fatto; se non ricordo male il marito poteva farsi giustizia da sé, allora; certo se è riuscito ad uccidere l’amante gli mancava di vendicarsi con la moglie.

– Questo foglio è del parroco di Tradate, un certo Buzzi, approva l’incarico di sacrestana in data 17 luglio 1646, fa presente che la rottura del femore …

– Come è stato?

– Sembra che per scappare dal marito, che aveva appena ucciso l’amante,  sia saltata giù dalla finestra.

– Le è già andata bene

– L’hanno poi curata in prigione, ma non proprio bene perché il curato si raccomandava di non  affidarle una mansione che potesse pregiudicare lo stato di salute; in quest’altro  foglio il capitano delle carceri rammenta che ha dovuto prendere provvedimenti per allontanare il marito perché continuava a tormentare la moglie all’esterno della prigione, un giorno addirittura ha dovuto intervenire personalmente  perché il marito aveva crocifisso il cane preferito della moglie, un levriero, davanti alla sua cella

– Mamma mia che tipo, voleva proprio vendicarsi con qualsiasi mezzo

– Non pensavo proprio che la mente umana arrivasse fino a questi punti

– Cara mia, noi viviamo in monastero, ma non sappiamo cosa succede là fuori, e forse è anche un bene; ci sono altri fogli?

– Si, questo è datato 1651, è firmato dalla badessa di allora: <<… si concede la salma di suor Francesca Teodora ai parenti per le esequie, ciò in seguito al consenso del Capitano del Seprio resosi necessario trattandosi di uxoricidio. Il suddetto Capitano ha disposto  altresì il fermo del reo Carlo Marliani in attesa della sentenza>>.

– Allora il marito ha ucciso la moglie qui nel nostro monastero, ecco perché il fascicolo è nella cartella dei Sacrilegi, e per questo avrà subito la pena capitale

– In biblioteca abbiamo un libro sulla peste del 1630 a Busto, forse si troverà qualche indicazione

– Va bene lo verificherai con calma, ora andiamo al Vespro, per il momento non parlarne con nessuno.

Per mantenere il silenzio su questo caso  ho dovuto faticare  non poco, le altre consorelle non si sono accorte di nulla, però il mio dormire non è più tranquillo come prima. Comunque sul libro che parla della peste a Busto ho trovato una nota sul feudatario Marliani:  in seguito all’uxoricidio gli venne tolto il feudo e fu decapitato perché un conto è uccidere una persona in casa propria, ma uccidere in un luogo sacro come il monastero è sacrilegio, e l’atto veniva punito con la morte.

Con la badessa decidiamo  di convocare i discendenti per conoscere meglio i particolari, anche per una questione di sicurezza, ovvero come è potuto succedere un fatto così grave, tanto più che i segni premonitori erano chiari. Mi riferisco alla lettera del capitano del castello Sforzesco: da quanto descritto si poteva ipotizzare il comportamento vendicativo del marito, se aveva ucciso in quel modo il cane della moglie sarebbe stato capace di compiere chissà cosa. Inoltre bisognava stare all’erta perché, come recita il proverbio, “la vendetta va consumata fredda”. Non voglio incolpare la badessa di allora, che ha sottovalutato la situazione, però anche madre Marianna ha convenuto con me, è il caso di rendere più rigidi i controlli all’ingresso, pur non conoscendo ancora nei dettagli come si è consumata la vendetta.

Dopo qualche giorno arriva in monastero Anna Cecilia Pusterla in Melzi Malingegni, la badessa la riceve in parlatorio, senza alcun cerimoniale, accompagnata dal fattore e dal nostro confessore fino al parlatorio accessibile dal secondo ingresso. La signora Melzi ha colloquiato con madre Marianna per circa mezz’ora, quindi è ritornata sulla carrozza rimasta in attesa nel cortile tra i due ingressi, che l’ha riportata su al castello. Nei giorni successivi veniamo convocate nella sala capitolare, che si trova a fianco dei parlatori e si protende verso il primo cortile, dove c’è l’orto utilizzato dal fattore e dall’agente. La badessa ci informa sulle nuove norme per l’ingresso dei laici, le modalità per i colloqui e l’uso della foresteria, ma non fa alcun cenno al caso che ha suggerito questi aggiustamenti, che riguardano anche il ruolo della portinaia. Madre Andreina chiede se le cose cambieranno quando dovremo dedicarci alle attività che il governo ci chiede pena la soppressione. La  risposta di madre Marianna è sicura: il momento storico esige un comportamento più attento per evitare la rilassatezza dei costumi  e per non deviare dalla regola benedettina.

Al pomeriggio continuo a riordinare l’archivio, poi la badessa mi raggiunge e mi racconta quanto le ha detto la Pusterla: da quanto lei sa, avendolo appreso perché tramandato per via orale, il marito si era travestito da merciaio ambulante, uccide a pugnalate l’ex moglie,  dopo averla attirata in foresteria con l’inganno; secondo un’altra versione si sarebbe avvalso di un sicario. È probabile che il venditore ambulante sia arrivato di giovedì, giorno di mercato, ma il fattore, che allora come oggi abita al piano terreno, ovvero sotto la foresteria, aveva sentito un trambusto strano, messo in allarme dalle grida della donna, riesce a bloccarlo e farlo arrestare; però mi ha riferito anche la versione dei Marliani, ho preso degli appunti perché avrei potuto confondermi: Antonia venne  promessa al conte quando  aveva  quattro anni, sorpresa ad amoreggiare con il giovane del quale si era innamorata  fu sottratta all’ira del conte, che voleva punirla con la morte,  rinchiudendola a vita in convento, qui lui la uccise sotto gli occhi compiaciuti delle consorelle!

– No, non ci crederò mai!

– Neppure io, però questo  è quanto mi è stato riferito, concludo:  lui si introdusse furtivamente per esercitare finalmente il suo diritto alla vendetta!

– Adesso che conosciamo tutta la storia possiamo chiudere il caso, ovvero chiudere il fascicolo

– E’ vero, però devi scrivere quest’ultima parte, nelle due versioni, in modo che chi verrà dopo di noi possa ricostruire la storia senza dover chiedere a persone esterne.

Così ho fatto senza inserire considerazioni personali, anche se ne avrei, perché questa storia mi ha lasciato l’amaro in bocca, forse il tempo sistemerà tutto.

Il giorno successivo la badessa mi consegna delle mappe arrotolate da archiviare; ovviamente le apro per vedere il contenuto, in realtà già anticipato dalla superiora: si tratta della planimetria del nostro monastero, il capomastro ce le ha consegnate a conclusione dei lavori di ampliamento. Non sono abituata a leggere questi disegni, però qualche settimana fa ho aggiornato il nostro cabreo aggiungendo alcune terre pervenuteci e nella documentazione c’era anche la mappa redatta dall’agrimensore, così ho preso confidenza con questo tipo di materiale archivistico. Comunque nei disegni del monastero non dovrebbe essere difficile capire il significato dei simboli perché ogni stanza porta un numero e nei fogli allegati c’è la descrizione  più dettagliata. Osservando bene individuo il chiostro, il pozzo sul lato del refettorio, la cucina è lì vicino, sul lato opposto il monastero confina con la strada e il torrente; all’ingresso c’è la casa del fattore che si affaccia sulla strada ed ha di fronte l’osteria, con la quale abbiamo avuto molte discussioni perché riteniamo non sia una presenza adeguata vicino ad una chiesa, ma tutte le nostre rimostranze non sono servite a nulla. Questa è la chiesa divisa in due parti, quella esterna è utilizzata dalla popolazione, non essendoci spazio l’ingresso dà direttamente sulla strada, però c’è una porta secondaria verso la casa del fattore; la chiesa interna, quella riservata a noi, è vicina al campanile  e  all’androne del monastero,  però vedo segnate le finestre ma non la porta d’ingresso: bisogna che lo dica alla badessa. Questi sono i parlatori, due interni dove noi ci rechiamo a colloquio con i nostri parenti, che devono stare nei parlatori esterni, e comunichiamo attraverso delle grate, ecco perché il Marliani non ha potuto uccidere la ex moglie nei parlatori se l’arma fosse stata il pugnale; ma anche qui manca la porta d’accesso! Comunque di fianco c’è la sala capitolare per le nostre riunioni: non siamo in tante, però qualche volta partecipano anche le novizie e lo spazio è quello che è, però non vedo segnata la porta che dal chiostro ci consente di raggiungerla. Questo è il cortile dei rustici, quella deve essere la ghiacciaia o “conserva del ghiaccio” e quella più sotto la  casa del nostro agente, persona squisita, non si poteva trovare di meglio, invece il fattore lascia a desiderare: non dovrei giudicare gli altri, ma queste sono le mie impressioni.  Non archivio ancora i fogli arrotolati perché devo riferire a madre Marianna  gli errori che ho trovato.

 

FONTI

Pompeo Litta Famiglie Celebri… 1837 Tav. IV Pusterla

Pio Bondioli La Concordia n. 4/1930, pag 35 – Storia di Busto A.

Oreste Galvalisi La Concordia

Ernesto Restelli  Profilo storico di Tradate, 1988  pag 71-72

Pietro Macchione La Prealpina 15 settembre 1995 pag 17

Laura Pariani L’uovo di Gertrudina, ed Rizzoli 2003, pagg 83-129. Vince Premio P. Chiara

Archivio di Stato Milano, fondo Notarile

Gianpaolo Cisotto