Come tutti voi sapete la sera del 26 luglio di ogni anno è un momento speciale per la comunità delle Ceppine. All’interno del suo oratorio infatti viene tenuta la festa di Sant’Anna, che è ormai diventata un importante appuntamento fisso per tutta la città di Tradate. Una volta questa festa era ben diversa da come la conosciamo noi oggi. I nostri nonni e bisnonni cominciavano i festeggiamenti alle sette del mattino, con la prima messa, nella vecchia chiesetta.Al termine della funzione, poi, si ritrovavano nella vecchia casa dei “Migeu” per quattro salti al suono di un vecchio organino[1], con il vecchio Asilo che contribuiva allanascita della festa prestando le sue rustiche panchine per musicanti, ballerine e spettatori[2]. La piccola Chiesa e le poche cascine, con i suoi pochi e molto spesso poveri abitanti, erano l’unico teatrino sul quale veniva inscenata questa piccola commedia.

Ora le cose sono cambiate in maniera radicale, e la festa di Sant’Anna è diventata un appuntamento fisso per tutti gli abitanti della nostra città e dei paesi vicini, ed ha anche assunto una connotazione e delle caratteristiche molto meno spartane e molto meno modeste. Eppure qualcosa del vecchio spirito che animava le campagne ceppinesi in quei lontani anni si è prolungato fino a noi, ed oggi risulta ancora vivo, ancorché silenzioso per molti.

Per comprendere questo spirito bisogna innanzitutto analizzare nel dettaglio il significato religioso che ha assunto la festa. Difatti essa è prima di tutto un momento di vita cristiana, e la sua stessa origine è sicuramente dovuta a motivi devozionali più che sociali. Se Sant’Anna è colei che, madre di Maria e nonna di Gesù, l’affida al tempio affinché possa imparare l’importanza di Dio, e del vivere in funzione di Dio la sua vita quotidiana, e che possa esser pronta per l’immenso compito che la Provvidenza gli ha affidato, la festa dedicata a lei è monito per ognuno di noi a vivere con coscienza e rettitudine la propria vita di fede[3].

Questa occasione ci deve ricordare ed insegnare a saper compiere quelle rinunce e quelle scelte che ci permetteranno di essere gli autori materiali del progetto divino e di svolgere quel compito che il buon Dio ha affidato ad ognuno di noi, proprio come fece Maria. E può anche essere occasione per farci portatori del Vangelo, dato che anche persone che si considerano atee o semplicemente non credenti parteciperanno con noi ai festeggiamenti e potremo, non con arroganza o presunzione, ma col solo esempio della nostra intima fede, mostrare loro i vantaggi della vita cristiana.

E naturalmente tutti questi aspetti della festa vennero curati con particolare attenzione durante tutti questi anni. Varie e molteplici furono le cerimonie e le occasioni di preghiera organizzate, il cui centro nevralgico rimase il triduo di preparazione e la Santa Messa nel giorno di Sant’Anna, nonché la processione, introdotta solo pochi anni or sono. Il loro valore era poi sottolineato anche dalla presenza assidua di sacerdoti e vescovi che coadiuvavano l’opera dell’onnipresente don Enrico, ed arricchivano le celebrazioni con la loro testimonianza e la loro esperienza spirituale. Tra i molti vale la pena ricordare, ad esempio, il francescano padre Giorgio e mons. Perini, vescovo di Fermo. La loro presenza e le loro omelie hanno certamente contribuito ad arricchire questo momento di un valore aggiunto, una ricchezza spirituale singolare e significativa.

La festa è andata poi assumendo anche un chiaro significato sociale per la comunità delle Ceppine. Difatti, ancor prima dell’elevazione a parrocchia, don Enrico De Capitani decise di sviluppare questa occasione e di renderla sempre più importante al fine di risolvere un difficile problema che colpiva la comunità negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento: in quel tempo, infatti, l’immigrazione veneta aveva creato come una realtà un po’ separata da quella lombarda autoctona. La festa fu quindi vista come un possibile collante tra questi due mondi, l’occasione che potesse far incontrare veneti e lombardi e costruire un’identità comune, nel rispetto delle proprie differenze e nell’esaltazione delle molte uguaglianze.

Non solo, la festa poteva anche essere occasione per raccimolare dei fondi necessari all’ammodernamento e alla ristrutturazione degli spazi oratoriani, sempre più necessaria visto l’approssimarsi dell’elevazione a parrocchia, avvenuta nel gennaio del 1974. Grazie a queste donazioni sarà quindi possibile realizzare nuove opere, tra le quali la nuova canonica e il nuovo oratorio, che faranno delle Ceppine una parrocchia moderna e attrezzata, pronta ad accogliere la propria comunità.

Inoltre questa festa richiamerà l’attenzione dei tradatesi che, molto spesso, avevano un po’ tenuto in poco conto la realtà delle Ceppine. Questa celebrazione così ricca e così ben organizzata farà crescere di molto la stima e l’affetto della città nei confronti di questo suo rione, accrescendo le sue potenzialità e rendendolo parte attiva e protagonista della vita cittadina in tutti i suoi livelli.

Fu proprio nei primi anni Settanta, il periodo di don Enrico De Capitani, che la festa assunse alcune delle caratteristiche che la contraddistinguono ancora ai nostri giorni: canti e spettacoli di ogni genere, la tradizionalissima pesca di beneficenza e qualche competizione sportiva tra i diversi rioni della città di Tradate, una sorta di anticipazione del Palio cittadino di settembre.

Con l’elevazione a parrocchia del 1974, la ristrutturazione della nuova Chiesa parrocchiale e la costruzione dell’oratorio la festa venne arricchendosi sempre più.

Raccontare le mille iniziative intraprese nell’arco di questo trentennio è un’impresa impossibile. Ogni anno qualcosa di nuovo veniva ad allietare lo spirito della festa di Sant’Anna, come ad esempio una folkloristica partita a scopa vivente, come i lanci di colombi, i tornei di bocce, i giochi a premi per ragazzi, i canti e i balli, le giostre e quanto più era possibile fare per allietare le serate estive dei fedeli accorsi ai festeggiamenti.

“Laicamente” parlando le due colonne portanti dei festeggiamenti rimasero il servizio gastronomico alla griglia, che fece in modo che la comunità si riunisse a cenare tutti insieme all’ombra di un unico tendone, e la pesca di beneficenza, che permise di raccogliere molti fondi utili alla creazione di sempre nuovi spazi e strutture atte a migliorare l’azione pastorale e oratoriana.

Chi conosce Don Enrico Rabolini, l’ultimo parroco delle Ceppine, conosce anche la sua passione per l’arte e la sua attenzione per il mondo culturale. Potevano quindi mancare alle feste da lui organizzate eventi che si richiamassero ad esso? Mostre di pittori, vendite di quadri, anche queste finalizzate al finanziamento dei vari lavori di ristrutturazione e rimodernamento degli spazi parrocchiali, ed anche un vero e proprio concorso fotografico svoltosi solamente nel 1978 e poi andato perso, che aveva come tema “Noi per la vita”.

E, naturalmente, non mancarono mai i fuochi d’artificio, che la generosità dei vari imprenditori ceppinesi (Adolfo Vaccaro in primis) non volle far mai mancare, a chiusura delle giornate di festa. Essi furono introdotti quando si smise di tenerli in occasione della festa dell’Allodola. Fu proprio don Enrico che volle continuare lui la tradizione incominciata molto prima della nascita della parrocchia delle Ceppine, ed ottenne un successo ed un apprezzamento così sinceri e completi da spingere gli organizzatori della festa d’agosto a reinserirli nel programma. Ci si lasciava così, stanchi e con ancora il rumore assordate dello spettacolo pirotecnico, dopo giornate e serate passate tutti insieme, quando la comunità decideva di riunirsi, credenti o non credenti, al solo scopo di vivere insieme una festa che in fondo ha sempre commosso anche chi non crede nei valori cristiani.

Difatti lo spirito che ha sempre animato la festa di Sant’Anna non sempre ha avuto un significato prettamente ed esclusivamente religioso. I valori cristiani che formavano ed avevano originato il suo spirito, sapevano anche uscire dall’ambito ecclesiastico e coinvolgere e trovare inconsapevoli recettori anche in persone che solitamente si tenevano lontane dalle varie attività parrocchiali.

E’ stata anche occasione per la comunità di riunirsi, ritrovarsi, reincontrarsi, e, insomma, unire tutti i ceppinesi, le cui origini molto spesso differivano l’una dall’altra, in un unico corpo sociale. E questi aspetti traspaiono in maniera evidente dai programmi stilati per la festa, ad esempio quando vediamo che il banco gastronomico offriva sia piatti tipicamente lombardi (i bruscitt ad esempio) che specialità tipicamente venete (il baccalà) accompagnate dal medesimo contorno, la polenta, in una sorta di metaforica unione culinaria. Insomma, queste giornate di gioia fecero in modo che le diverse anime che formavano la comunità delle Ceppine si incontrassero e, venendosi incontro più con curiosità che spirito di sacrificio, imparassero a convivere felicemente arricchendosi l’un l’altro.

Le ore passate insieme davanti a un piatto fumante di polenta o di una salamella, i divertimenti comuni, lo spettacolo dei fuochi e la pesca, tutto questo ha contribuito a trasformare una festa religiosa, la cui origine si perde nel tempo, in qualcosa di molto più significativo: un elemento fondante per la comunità, un’occasione annuale per ricordare a tutti la fortuna di essere parte di un’unica realtà, di essere fratelli e non solo vicini di casa. Questo senza perdere il suo significato spirituale, indispensabile per questo ruolo di fratellanza; senza difatti il suo valore evangelico e religioso la festa mai avrebbe potuto svolgere questo importantissimo e fondamentale ruolo sociale all’interno della comunità. Anzi, questo suo fondamentale ruolo sociale ha arricchito con esperienza viva di vita quotidiana il messaggio spirituale di cui era portatore questo momento di gioia. Chi dunque ritiene che la festa di Sant’Anna sia un retaggio del passato, un peso morto che frena il progresso civile di una nuova società multiculturale, globalizzata e aperta a divertimenti di tipo più laico, non immagina nemmeno quanto la sua analisi sia lontana dal vero.

La festa di Sant’Anna, con il suo altissimo valore spirituale ed evangelico intrinseco, è stata l’elemento chiave della formazione della comunità delle Ceppine e proprio oggi, di fronte ad eventi come l’arrivo in zona di centinaia di nuove famiglie, l’ondata migratoria che colpisce il paese Italia, e che anche qui da noi incomincia a far sentire con insistenza le sue conseguenze e a porre nuove problematiche di tipo sociale, questa occasione, questa enorme, dal punto di vista del significato, occasione di festa può essere una risposta efficace a queste nuove necessità, poste dal mondo contemporaneo.

Non solo, a livello spirituale essa rimane un appuntamento importante per tutta la nostra comunità pastorale del S. Crocifisso, un momento di gioia che ci può aiutare a vivere con maggiore intensità e spirito di intraprendenza la nostra vita di cristiani.

Federico Colombo@

[1] W. Meregaglia, Alle Ceppine fede e tradizione ci attendono, in «La Concordia», a.51, n.6-7, giugno-luglio 1976, p.28.

[2] Ivi.

[3] La storia di Sant’Anna è rintracciabile nel Protovangelo di Giacomo, I- IX. Inoltre vi è la tradizione, che nei secoli ha arricchito la figura della Santa di sempre nuove caratteristiche e che ha formato quella figura che noi oggi veneriamo.