DI CROCE IN CROCE

Dopo la peste del 1576 l’arcivescovo (San) Carlo Borromeo invitò ogni comunità ad erigere delle colonne in pietra, sormontate da una croce, in sostituzione degli altari provvisori collocati nelle piazze o nei larghi, soluzione che consentiva di evitare il contagio e nel contempo di partecipare alle sacre funzioni, come ricordano il biografo del santo o le numerose testimonianze pittoriche.

Ecco spiegata la presenza di molte crocette nella diocesi e nello specifico anche ad Abbiate, in fregio a piazza Unità d’Italia e l’altra a fianco della chiesetta dell’Allodola, inglobata nella casa costruita attorno, sicuramente dopo il 1721: nella mappa catastale non è, difatti, presente né la cappella né la casa con l’annesso esercizio commerciale. Resta il mistero riguardo alle sorti di altre croce, oggi scomparse, segnalate nella mappa: una sarebbe stata situata sul ponte del fontanile (attuale piazza XXIV Maggio), l’altra in fondo a via Col di Lana. Anche le notizie riguardanti le esistenti sono frammentarie: la crocetta di Abbiate reca scritta la data 1646, quindi è successiva alla peste manzoniana del ’30, però viene il dubbio che in origine fosse collocata davanti a S. Maria delle Vigne come segnala la citata mappa (vedi foto); della seconda si sa per certo che compare nella mappa del 1721. Resta, inoltre da chiedersi se entrambe abbiano seguito i criteri proposti dall’arcivescovo: per quanto riguarda l’Allodola l’area attorno alla colonna era disabitata (le case più vicine erano situate nell’attuale via Campidoglio), quindi gli abitanti della frazione non avrebbero potuto seguire facilmente le funzioni sacre all’aperto se non ad una distanza disagevole. Anche ad Abbiate la situazione è quasi simile (ammesso che sia sempre stata dov’è ora), ma si può, comunque, ipotizzare che gli abitanti si distribuissero lungo le strade che confluivano nei larghi, invece nelle città era possibile seguire le funzioni anche dalle finestre senza scendere in strada, data la maggior concentrazione di case. Da quanto detto non è un caso che la cappella dell’Allodola sia sorta tra le due crocette. Bisogna tener presente un altro dato, ovvero che la strada di campagna che unisce l’Allodola con la chiesa di S Michele a Venegono era detta “strada delle croci” e non è un caso che proprio vicino a questo antico luogo di culto ci sia ancora un’altra crocetta. Chi procede verso nord incontra la chiesa di S Martino, ora all’interno dell’attuale cimitero; qui però non ci sono tracce di crocette, che sono attestate invece a Vedano: la prima davanti a S Pancrazio e l’altra di fianco a S Maurizio; da ultimo, a nord, il percorso si conclude al Sacro Monte, dove è possibile vederne una. A sud se ne trovano a Carbonate, a Gerenzano e due a Saronno: la prima vicina al santuario e la seconda in centro, in piazza Portici; nella vicina Uboldo ne sono presenti due: la prima è stata eretta in piazza della chiesa per segnalare il cimitero, la seconda, in piazza S Pietro, è datata 1690. Chi prosegue lungo la “saronnese” arriva a Castellanza, nella valle dell’Olona: qui la croce è collocata ai piedi del campanile e reca la data 1718. La tappa successiva è a Gorla Maggiore, a fianco del cimitero, in Lonate in via Crocetta (toponimo significativo) e infine ancora ad Abbiate nell’area dell’ex calzaturificio di via Trento Trieste, dove fino agli anni settanta del ‘900 era visibile il basamento cubico, mentre una fotografia precedente sembra mostraci il fusto della colonna. Lo spazio disponibile non consente di citare tutte le crocette presenti in diocesi né trattare altri esempi extradiocesani.

Perché San Carlo scelse proprio la colonna? Si può ipotizzare che sia stato un retaggio classico, basti pensare all’utilizzo celebrativo delle colonne Traiana e Antonina di Roma. Più verosimilmente l’arcivescovo prese spunto dal tema sacro del Cristo flagellato, legato a una colonna: un affresco trecentesco è nella basilica di S Abbondio di Como; ulteriore testimonianza è data dall’enigmatica tavola urbinate di Piero della Francesca risalente al 1460-70. Tuttavia più probabilmente l’arcivescovo ha avuto modo di osservare la medesima scena a Varallo Sesia (noto per il celebre Sacro Monte che Lui frequentava) nella chiesa delle Grazie, sulla parete-tramezzo dipinta da Gaudenzio Ferrari o nel bassorilievo eburneo alla Certosa di Pavia oppure a Trento all’esterno della chiesa di S Maria Maggiore, luogo del famoso Concilio.

Per concludere si può accennare a un fatto che sta tra la cronaca e la leggenda. Nella Milano del 1615 Ludovico Acerbi di Ferrara acquistò dai parmensi Rossi di San Secondo un palazzo all’inizio del Corso di Porta Romana (oggi al civico 3), ristrutturandolo con ingente dispendio, in eterna gara con gli Annoni, residenti nella dimora di fronte. L’Acerbi, senatore, non faceva mistero della sua agiatezza girando per Milano in carrozze trainate da sei cavalli e con la servitù al seguito, inoltre organizzava ricevimenti fastosi e con tanti invitati. Tale comportamento non venne meno neppure durante la peste del 1630, sfondo de i Promessi Sposi e de la Storia della Colonna Infame. Fin qui nulla di particolarmente strano, se non che lui e i suoi invitati non furono colpiti dalla peste e ciò fece credere al popolo che l’Acerbi fosse protetto dal diavolo! Forse in seguito a questo fatto fu eretta una crocetta vicino al palazzo, come testimonia una incisione d’epoca successiva e il catasto di metà ‘700.

Gianpaolo Cisotto

1B. Crespi detto il Cerano, Benedizione delle croci dopo la peste, 1603, Duomo di Milano. Sotto: mappa catastale 1721 Abbiate G.: S. Maria d Vigne

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